Il sarcasmo

 


Già quando pronunciamo la parola, avvertiamo qualcosa di negativo, qualcosa che ci irrita e ci innervosisce. E’ una forma aggressiva di umorismo, un’ironia amara e pungente, volta a schernire o a umiliare gli altri. Si presenta anche attraverso particolari intonazioni della voce enfatizzando così alcune parole o parte dell’affermazione. Il sarcasmo è figlio dell’insicurezza, della fragilità, una forma di boria, spavalderia e falsa ironia. Chi usa il sarcasmo cerca di ridicolizzare l’altro e metterlo in difficoltà. 
 Dal greco sarkasmos deriva a sua volta da sarkazein, mordersi le labbra per ira, che si unisce a sarx- sarkos, carne, nel senso di dilaniare, addentare, “strappare la carne”. Il sarcasmo è il rifugio dei deboli, diceva J.Paul Sartre. E bisognerebbe partire da quest’affermazione per capire la loro debolezza. 
 Per un pensiero sarcastico, sono diverse le parti del cervello interessate a formularlo, è un pensiero complesso, che deve andare oltre le parole e quindi c’entra l’intelligenza. Diciamo pure che è uno sforzo mal riposto. E’ fatto di espressioni del genere: -Tutti sempre di fretta, ma il tempo per rompere le scatole lo trovano sempre! -Sei talmente brutto che faresti ribrezzo al mostro di Lochness. -Sei talmente stupido che accenderesti la luce per vedere se è buio. -Se tu fossi un verbo saresti in participio presente di “deficere”
 Il sarcasmo si usa per ferire con le parole, che affondano in profondità e se ne sento l’eco nel tempo. Il sarcasmo nasconde un’esasperazione, ma servirsi di questa forma aggressiva d’ironia, fa cadere nell’abitudine, acquisendo un vero e proprio abito mentale. Diventa una corazza attraverso cui trattare l’altro e non fa che irrigidire posizioni, inimicarsi persone e sfuggire al prossimo da un vero confronto. Adottarlo come maschera è vivere in trincea, privi di un confronto positivo, dando voce solo alla sofferenza nascosta e che si crede sia qualcosa d’incompreso. E’ difficile comunicare con un sarcastico ma ancora più difficile volerlo spostare dalle sue posizioni. Non si sa mai come risponderà alle nostre attenzioni, si procede su un campo minato. Questo non esclude il provarci. Intanto con un atto di coraggio a voler rompere il muro, intrattenere un rapporto che sappiamo a priori essere sulla difensiva. Poi si passa, anche attraverso le sue parole offensive, a capire il suo punto debole, cioè per quale motivo si comporta in quel modo. Con le parole emergerà qualcosa su cui riflettere e magari capire una sua debolezza. A volte è la completa mancanza di fiducia nel prossimo a inacidire il sarcastico, altre volte, una sofferenza recidiva che si protrae nel tempo e che l’interessato pensa irrisolvibile. Altre ancora, è l’impossibilità a condividere le sofferenze della propria vita con gli altri. La cattiveria che elargisce nelle battaglie verbali è un modo per attirare l’attenzione su di sé senza possibilità di farsi aiutare.
 Qualche volta che mi è capitato di trovarmelo davanti, ho notato che, ferirlo al suo stesso modo, è svantaggioso, meglio mantenersi calmi e scoprire il suo terreno ancora fertile che pur si nasconde da qualche parte. Di solito si approda a una ferita profonda che comincia a stemperarsi in superficie diventando un muro frapposto tra il sé e gli altri. La scoperta di quella ferita può essere il primo passo per creare un canale di comunicazione. Per questo è bene non sparare a zero quando ascoltiamo parole pungenti. Non sempre sono rivolte a noi, è solo un modo per difendersi da ciò che forse nemmeno chi le dice, sa il motivo. Il sarcastico ha anche difficoltà ad ammettere di stare male. Il malessere lo riversa sugli altri facendoli soffrire e in quel mondo scaccia la sua sofferenza. Sono persone molto intelligenti che fanno però un cattivo uso del loro quoziente intellettivo. 

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