Viaggiando tra geografia e letteratura

 







Amo viaggiare, anzi, dovrei dire amerei viaggiare, se non avessi paura dell’aereo. Ognuno porta dentro le sue paure e per me quella dell’aereo è la più difficile da superare. Posso andare in giro in auto. Mi piacerebbe andare nei posti che ho conosciuto attraverso la lettura e lo studio, luoghi che mi rievocano storie di classici e mi riportano alla geografia. Una materia che ho sempre studiato con passione, proprio perché mi dava la possibilità di andare in giro con la fantasia. Molte volte, con l’atlante alla mano, ancora oggi, me ne vado a zonzo, vi parrà strano, ma visito in questo modo un bel po’ di posti. Quando ho letto Il giro del mondo in 80 giorni, ho tenuto aperto l’atlante per un lungo periodo. Immaginate, da Londra si va verso oriente e poi da lì, per il Pacifico, a San Francisco e attraverso gli Stati Uniti a New York, fino a ritornare a Londra. Ho amato questo testo per  portarmi intorno al mondo. Che avventura! Con Nagib Mafhuz ho potuto girare per le strade del Cairo, mi sentivo come residente di quei vicoli, e poi sul Nilo, trasportata dal battello. Sentivo il caldo, gli insetti, gli aromi del bar, vedevo lo scorrere delle auto, gli appostamenti di cui si parlava e, in lontananza, intercettavo anche le Piramidi. E che dire di Hercule Poirot di Assassinio sull’Orient Exspress di Agata Christie a girare per l’Europa? L’atlante per me è sempre stato un grande amico, ogni pagina, un paese su cui volare. Devo trovare il modo di andare a Istanbul, città che mi affascina e sono per una rotta via mare. Potrei andarci in auto, ma sarei da sola, però potrei scendere dal versante europeo e trovarmi sul Bosforo. Immaginate quante storie lette ambientate da quelle parti? Viaggiare in auto è, per me, il modo migliore per visitare i luoghi amati. E nell’attesa che i viaggi si realizzino, faccio tante acrobazie con l’immaginazione: mi vedo su un battello sotto il ponte di Galata dove si recano i pescatori, o in un quartiere periferico, altre volte sogno di stare su una mongolfiera in Cappadocia e da lì, come Phileas Fogg,  puntare alla Tour Eiffel a Parigi. Ma da Istanbul potrei anche azzardare di andare verso Aleppo o Palmira in Siria. E poi, tormentata da Dostoevskij e da Tolstoj non potrei resistere, sempre in auto, ad andare a Mosca e San Pietroburgo, sperando che i venti di guerra tirino verso la pace. E prima di poter ritornare, mi allungherei sulla via della seta fino a Shangai e da lì in Giappone. Ormai, una volta giunta da quelle parti, pur volendo rincorrere la rotta di Phileas Fogg per San Francisco, non potrei. La distanza è troppa per me.  Eppure, pensando alle belle pagine di Via col vento, con i suoi protagonisti Rossella O'Hara e Rhett Butler, faccio, almeno sull’atlante, una virata ad Atlanta fino a Tara, o come una pioniera nel West alla Zeb Mecahan. E ritornando ci sarebbe ancora da visitare il Sudafrica nei luoghi de L’erba canta di Doris Lessing. E non potrei evitarmi la  Spagna, nei luoghi di Don Chisciotte o a visitare il Prado con il mio amato Velasquez. E ricordandomi di Filippo il Bello e l’amore mancato con Elisabetta I d’Inghilterra, andrei a Londra con un passaggio per i luoghi di Re Artù e Merlino e di lì in Irlanda. E Il Pastore d’Islanda? Non merita la sua terra d’Islanda una visita alla ricerca delle pecore smarrite nell’Avvento natalizio? Ma non esiterei nemmeno a raggiungere l’Argentina o l’ Australia, se solo potessi volare. La letteratura fornisce dei buoni motivi per girare il mondo e scoprirsi cittadini della Terra e non solo del posto che ci accoglie alla nascita. La geografia ci insegna che siamo figli del mondo, un luogo fatto di posti unici e incantevoli, con le loro storie, magie e sogni.  E dovremmo poterci sentire a casa nel deserto come nel Mar Rosso, a Bombay o a Rabat, sulle Ande o sul Kilimangiaro o a Canberra. Un motivo più che valido per salvare questa terra e amarla come la nostra casa, con un giardino che chiede di essere curato per mantenerlo sempre fiorito.

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