Nonostante accanto al citofono di
un centro medico ci sia tanto di cartello con il numero da digitare sulla
tastiera e con scritto dove dirigersi, una volta entrate all’interno,
puntualmente le persone si disperdono e vanno a zonzo. C’è chi sale le scale
arrivando al secondo piano, chi gira per il portoncino sotto il garage, chi si
ferma a guardarsi intorno non sapendo dove andare. Uno dei medici è andato a
controllare se la scritta fosse chiara, aggiungendo una freccia rossa per
indicare di girare subito a sinistra appena all’interno. Niente da fare. Le
persone continuano a bussare a tutti i condomini invece di digitare il numero
giusto e poiché i pazienti arrivano a gettito continuo, è impossibile fare altro,
per chi vi abita, se non rispondere continuamente al citofono nelle ore di
studio.
Qualcuno ha addotto, come causa dell'incapacità a digitare il numero giusto, l’orario
d’inizio studio, alle ore 15,30, dicendo che a quell’ora, stando ancora sulla digestione, è possibile
che ci sia poca attenzione; qualche altro ha optato per una spiegazione più
severa: sono persone ignoranti. Con un po’ di attenzione invece hanno
scoperto che la maggior parte ha un titolo di studio, molti professionisti, solo raramente sprovveduti che, paradossalmente, sanno
come comportarsi e dove dirigersi. E i medici continuano a chiedersi che cosa ci
voglia per andare a sinistra del cortile, una volta entrati all’interno, invece
di salire.
Com’è possibile che davanti a un cartello semplice e chiaro la gente non capisca. Ormai i medici hanno rinunciato a cambiare o scrivere altro, mentre le segretarie vigilano attraverso il monitor della telecamera l’afflusso fuori, pronte a intervenire. Ma non è solo la difficoltà di comprensione. Altra cosa che accade è quella di parcheggiare davanti al cancello d’ingresso con tanto di cartello “Divieto di sosta”. Si fermano a metà passo carrabile impedendo alle macchine dall’interno di uscire. Questo comporta chiamare il carro attrezzi frequentemente e far prelevare la macchina di turno. Al ritorno, il proprietario dell’auto si accorge delle videocamere e chiede che fine abbia fatto la sua auto.
Già Tullio De Mauro, linguista,
saggista e ministro dell’Istruzione nel governo Amato, aveva denunciato in
Italia un’ignoranza notevole, con persone incapaci di leggere ed eseguire. La maggior parte ha difficoltà di
comprensione, legge ma non capisce, non riesce e non sa mettere in pratica ciò
che legge.
Ma la lettura di un testo è
relegata al solo periodo della scuola, dopo, prendere un libro è sempre più
difficile. Salta completamente la concentrazione e la comprensione affidandosi
sempre più alla tecnologia che opera per noi. Si è molto più bravi a
fare un’operazione con lo smartphone che eseguire
un’azione in seguito alla lettura di indicazioni. Molte persone hanno bisogno
di altre per capire quello che leggono. È come se davanti a uno scritto il
cervello si rifiutasse di elaborare ciò che vede. E così, un semplice cartello
affisso da qualche parte, che dovrebbe aiutarci a comportarci in un certo modo,
ha bisogno, a sua volta, di un interprete.
Una volta due persone, sempre per
quanto concerne lo studio medico, giunsero davanti all’ingresso di casa all'interno del palazzo mentre lo studio era giù. Si
giustificarono dicendo che una volta lo studio era lì, lasciando
intendere che non si erano minimamente sforzati di leggere il cartello con le
indicazioni, ma affidarsi alla memoria, ricordando l’ultima volta che erano stati li. Anzi, chiedendo loro se avessero letto le indicazioni,
risposero che non avevano notato proprio niente.
Vi è un analfabetismo funzionale
dovuto all’incapacità di poter utilizzare le competenze di base per semplici
operazioni, tra cui leggere e capire, tradurre quelle parole nel loro
significato e metterle in pratica. A questo si aggiunge l'aspettarsi tutto dagli altri, non essere abituati a risolvere problemi, ma delegare; avere una pessima comunicazione, con difficoltà di dialogo, incapacità ad ascoltare e comprendere prima di formulare la risposta; avere un carattere che non contempla la possibilità di sbagliare.
L’Italia è il paese dove l’indice
di analfabetismo funzionale è molto alto: una persona su tre non comprende il testo letto, non riesce a sintetizzarlo, non capisce le
condizioni di un contratto, la maggioranza non legge nemmeno un libro all’anno.
E sono le stesse persone che navigano su internet credendolo un mare
ricco di notizie, capace di risolvere ogni loro problema, sopperendo alla loro mancanza di competenze.
Tutto questo comporta un decadimento cognitivo importante, creando delle lacune ogni volta che ci si sottrae a determinate azioni, risposte, confronti, spiegazioni. Si impedisce al pensiero di esercitarsi, di esaminare questioni di varia natura e imparare ad agire in seguito a indicazioni.
A scuola inducevo i miei alunni a trovare il percorso più
breve per arrivare alla cattedra, per far capire che anche quello era logica, matematica; così come cercare le parole giuste e non le prime che capitavano in mente, per rendere
il discorso più preciso, affina il pensiero. Nutrirsi ha delle sfumature diverse da mangiare, coprirsi
da indossare, percorrere da andare. Imparare a fare calcoli a mente è da preferirsi dal fare conti con la calcolatrice; memorizzare una poesia, un testo,
due righe è un’esercitazione fondamentale per aiutare la memoria. Oggi ogni
azione è volta a impedire lo sforzo, evitare al cervello di lavorare, sfuggendo
così alle sue principali funzioni.
La pigrizia di oggi è dovuta alle
macchine che lavorano per noi, prendendole per un modo di guadagnare
tempo. La fregatura è qui. Noi non perdiamo tempo a trovare un sinonimo,
imparare un paradigma, coniugare un verbo o risolvere un problema solo perché
possiamo trovare ogni soluzione già fatta dalle macchine. Il pericolo è che un
giorno non lo sapremo più fare e saranno le macchine a lavorare al posto
del nostro cervello che, nel frattempo, si sarà rimpicciolito di un bel po’ e
allora i nessuno leggerà. Si ha più fede nella tecnologia che nella religione.
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