Quarto potere

 


"Quarto potere"è un film capolavoro della storia del cinema del 1941, diretto e interpretato da un giovane Orson Welles che allora aveva appena 25 anni.

Richiama la funzione della stampa in democrazia, appunto definito "quarto potere" accanto a quello esecutivo, legislativo, giudiziario. Tra i temi  principali dell'opera, oltre al potere dei media, il falso mito del successo, la solitudine, la perdita dell'innocenza, l'impossibilità assoluta della verità su una persona.

La storia è quella di un magnate dell'informazione: Charles Forster Kane che in punto di morte pronuncia la parola "Rosebud". Parola misteriosa che diventa per il giornalista Jerry Thompson, il motivo per indagare sulla persona affinché ne scopra il significato. E lo fa attraverso una serie di interviste a personaggi che hanno conosciuto il magnate, costruendo in questo modo la sua storia con una serie di flashback.

Il giornalista scopre che Kane è stato cresciuto da un banchiere, strappato alla sua vera famiglia, costruendosi una vita di grande uomo d'affari. Il protagonista è alla ricerca dell'amore e del successo, ma alla fine trova solo solitudine.

La storia si ispira a un editore americano di quel tempo William Randolph Hearst, che come editore ambiva a dar voce al popolo, ma lentamente l'idea si trasformò, diventando una possibilità di plasmare le menti dei suoi lettori con distorsioni di notizie, campagne politiche pilotate, capacità di trasformare il pensiero collettivo.

Alla fine lo spettatore apprende che "Rosebud" è il marchio dello slittino della sua infanzia, che qui assume il simbolo dell'innocenza, del tempo che non ritorna più e che né il successo né il potere hanno colmato. Attorno a sé si crea un vuoto, anzi sembra quasi si crei un paradosso: più ha successo più resta solo. 

Il film portò innovazioni e tecniche rivoluzionarie per il cinema: la profondità di campo, l'utilizzo, in modo adeguato, della luce e delle ombre, una ricostruzione non lineare ma in base all'occorrenza dei tempi della storia, anticipando la modernità. Il film mostra anche una certa lentezza nello scorrere delle scene e una freddezza se confrontiamo la pellicola con quelle di oggi.

Dopo ottant'anni il film è di grande attualità poiché ancora oggi c'è il rischio che la verità sia stravolta lasciando molto spazio al sensazionalismo mentre l'informazione riduce il pubblico a una passività pericolosa oltre a non informare.

Il ruolo storico del giornalismo è quello di sorvegliare, spiegare e denunciare l'operato degli altri tre poteri. Un potere nato per controllare deve essere libero di informare senza pressioni e senza cadere nelle spire della politica e assurgere a cassa di risonanza dei partiti. Ma soprattutto essere bilanciato da etica e responsabilità senza le quali potrebbe diventare una vera tirannia invisibile, capace di orientare, influenzare e distruggere. Negli ultimi decenni l'informazione è cambiata: la carta stampata ha perso importanza con la nascita dei canali sociali che informano prima ancora della pagina di giornale. Notizie che si rincorrono non sempre tratte da fonti sicure e certe, ma per il semplice fatto di battere sul tempo e con una lettura a portata di mano con lo Smartphone, sembra che tutti abbiano in mano il mondo. La velocità batte la qualità ma navigano anche tante notizie spazzatura che più che informare inquinano e confondono. 

 Alla carta stampata resta sempre il valore della notizia certificata, quella che non ha bisogno di correre dal suo lettore ma lentamente il lettore se la va a cercare. La velocità di reperire notizie crea mostri come fake news e altro solo per riempire monitor, tablet e telefoni. Ma tutta questa velocità non fa informazione. Si è perso l'uso del pensiero, del confrontarsi prima di scrivere, dell'accertarsi prima di mandare online. Scrivere richiede tempi lunghi, la notizia va cucinata, pesata, compresa. Il ruolo della carta stampata è ancora fondamentale per i contenuti verificati, contestualizzati, approfonditi e batte con la credibilità la visibilità di una notizia continuamente ripresa come un tam tam ma vuota e inutile oltre che dannosa.

Il giornalismo non deve lasciarsi prendere dal potere mediatico che oggi ha acquisito nuove forme anche più persuasive rispetto a ieri. Nel film il protagonista, man mano che conquista il mondo mediatico, perde il suo legame con l'umano. Mette in luce che la logica capitalistica e narcisistica può guidare chi controlla. Il rischio è di ottenere una realtà distorta, presentata il modo sensazionale, riducendo il lettore a persona passiva.



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