I giorni di pioggia o come oggi senza sole, con cambiamenti durante l'arco della giornata portano non solo a un silenzio nell'aria ma anche interiore. L'autunno è più un luogo che una scansione temporale. È il luogo interiore dove si dà voce a parole mai prese forma, a pensieri un po' accartocciati, come le foglie, a idee accantonate come se non avessero la forza di emergere. E nel silenzio ci si riconosce, ci si legge, ci si sente. I giorni preferiti dal silenzio sono quelli dove esternamente tutto tace, tutto si assopisce, resta muto. Ma interiormente quel silenzio, quella pace dona una migliore lettura delle cose. Anche il vino per acquisire sapore deve decantare, tacere nel tino fino alla spillatura, quando le bollicine che emette versandolo nel bicchiere danno consistenza e corposità.
Così il silenzio ci pone non in una chiusura, ma in un ascolto maggiore, capace di comprendere tutto. Nelle giornate vuote e di cambiamenti climatici e stagionali, di pochi rumori e azioni, quando si sente solo la nostra esistenza fatta di battiti e lentezza, riusciamo a leggere tra le righe nel nostro io.
Molti hanno paura di questo silenzio, poiché sempre emerge dalla sua quiete una riflessione nuova o un'epifania non distinta prima, una lettura migliore di ciò che ci preoccupa o ci dà gioia.
E molti, allo stesso tempo, invece di prendere atto di ciò che accade interiormente, riempiono il silenzio pur di non sentirsi. Rimandano, non hanno voglia di farsi attanagliare dai pensieri e odiano a morte momenti come questi. Il rumore spesso è un pretesto per riempire la paura di non saper gestire i vuoti della parola, di non riuscire a stare in propria compagnia. Siamo interlocutori assenti di noi stessi e per metterci in moto abbiamo bisogno di intermediari, di qualcuno esternamente che tiri fuori quello che accumuliamo con tanta cura.
C'è il silenzio di chiusura e quello di timore, di preoccupazione o di stanchezza, di aver sentito abbastanza, di tenersi lontani dal mondo, di scendere in se stessi e ritrovarsi.
Non è così facile ritrovarsi, a un tratto, restando in compagnia del silenzio. È come prendere possesso di chi siamo, non più quelli che eravamo prima ma diversi, ogni giorno un po' diversi da ieri. E abbiamo paura che questo processo continuo in noi non ci faccia riconoscere più. Il silenzio rende tutto più chiaro. Fa luce su punti rimasti in ombra, su piccole nostre certezze che non vanno abbandonate. Il silenzio dentro rispecchia quello esterno, un processo parallelo alla natura che si allinea a noi.
Giornate più lente, più buie, più corte, tutto sembra favorire un andamento naturale dentro e fuori. Il silenzio come cura, o ricarica senza alcun intervento esterno. Il rumore occulta molte cose e spegne ciò che si vede bene solo nel silenzio. In questa fase siamo ottimi ascoltatori, osservatori, psicologi, educatori di noi stessi. E non è mai un processo veloce, sempre lento, continuo, chiaro. A volte diamo esternamente l'immagine di chi contempla un aspetto della natura di un paesaggio, un orizzonte, un qualcosa fuori, in effetti stiamo solo leggendo dentro attraverso il mondo intorno a noi. Riusciamo ad ammettere, solo in questo caso, tutto ciò che non diamo a parole, conosciamo meglio i nostri pensieri che spesso sono costretti a sottostare alle proposte degli altri. È la forma di comunicazione più complessa ma anche veritiera. Non ci si inganna, si approfondisce senza alcuna difficoltà, si scende nei nostri abissi spaziando nei suoi meandri.
Sarà per questo che durante l'autunno, quando le giornate sono uggiose o prive di sole, l'attenzione cade su di noi, sui nostri sentimenti e le nostre emozioni, rendendoci malinconici e nostalgici. Bisogna saper accogliere questi momenti come stabilizzatori del nostro animo, senza paure e senza negligenze. È semplicemente un appuntamento con noi stessi. Ed è proprio il silenzio che si mette a parlare di noi.
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