La malinconia della pioggia





La pioggia porta con sé una certa malinconia, soprattutto a fine agosto.

 Lo scroscio ritmico e insistente, l'acqua che scorre nella strada posta in pendio, quelle gocce pesanti accumulatesi sui tetti che cadono come piombo al suolo, con suono sordo, riportano ad altre piogge, fino alla memoria della pioggia. 

Spesso il ricordo risale all'infanzia, al mattino che invece del sole portava i suoni inconfondibili dell'acqua sulle lamiere del pollaio, alle nubi nere già alle sei del mattino, pronte ad aprirsi al suolo, al pensiero che correva su quei fili d'acqua, ora leggera ora resistente, a qualche finestra i cui scuri sbattevano per il vento infilatosi tra le fessure di porte e portoni. La malinconia della pioggia è un mistero, ma forse ci fa scivolare nel grembo, nel caldo liquido materno, ricordandoci che ora siamo soli e nessuna membrana ci protegge. E proprio come quando eravamo dentro e le variazioni dei suoni e la consistenza dell'acqua materna ci tranquillizzavano o spaventavano, ascoltando il ritmo del suo cuore che ci trasmetteva il suo stato, l'umore, il benessere in cui versava, così la pioggia, con le sue variazioni, cambia le gradazioni della nostra malinconia.

C'è la pioggia scherzosa, leggera, come una nenia, quasi silenziosa, se non fosse per qualche ticchettio insistente o un battere più intenso, così come quella ritmica, incalzante che preannuncia qualcosa di tumultuoso e preoccupante. Questa  incupisce, rattrista, come se lì dentro stessimo affogando cedendo alla furia. Non manca poi la pioggia violenta, che straripa, allaga, invade, ricordandoci il diluvio e la perdita di ogni porto  o riparo. 

Ci sono poi i rovesci veloci, intensi e subito dopo il sereno.

Ma stamattina piove già da un'ora, la strada è allagata e scende giù l'impossibile. Da qualche parte, sul tetto e sulle pensiline, si è creato un gioco d'acqua che produce una musica con suono in levare, simile a una ruota che gira e batte in punto preciso; nell'acqua della strada s'immergono le ruote delle auto con affondo rumoroso, stridendo al loro passaggio. Il ritmo rallenta o incrementa, come una sinfonia lo spartito col suo tema e le sue variazioni; le piante hanno subito un lavaggio senza risparmio; qualche indumento steso, per lo strapazzo, si è arrotolato  ai fili; scope e secchi sono carichi d'acqua e nel cortile i sottovasi leggeri, prive di piante hanno preso il volo.

La giornata si profila chiusa e piovosa, in un sabato di fine agosto. Siamo riportati al nuovo ritmo lavorativo dopo le vacanze. La pioggia va diradando, permane un debole scroscio disordinato di acqua accumulata in più punti che cade travolta dal peso, innaffiando i rami delle piante e le panchine. Anche il passaggio delle auto risulta più silenzioso, ma la malinconia ormai ha preso posto ed è rimasta da qualche parte. Sembra quasi di sentire i gorgoglii di quando eravamo lì al caldo e scoprivamo la vita della madre attraverso il suo corpo, prima di avere la nostra.

La pioggia ci ricorda che ora non abbiamo più alcuna protezione, né amniotica né materna: la vita appartiene a noi, senza alcuna intercessione o aiuto.

 

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