Il calendario li vede l'uno accanto all'altra: il 27 agosto si festeggia Monica e il 28 Agostino. Come si poteva distanziarli: madre e figlio, entrambi santi, due figure importanti del Cristianesimo.
Santa Monica era una cristiana di origine berbera, nata a Tagaste. È la madre di Sant’Agostino, uno dei più grandi pensatori della cristianità. Venerata per la sua fede incrollabile, la pazienza e la perseveranza nella preghiera per la conversione del figlio.
Era sposata con Patrizio, un uomo pagano dal carattere violento e spesso infedele. Ebbero tre figli, tra cui Agostino. Nonostante le difficoltà, Monica riuscì a vivere con grande carità e mitezza, tanto che prima della sua morte anche il marito si convertì al cristianesimo.
Nelle “Confessioni”, Agostino dedica intere pagine alla madre, ricordandola con affetto profondo, ammirazione e gratitudine. Scrive:
"Ella mi partorì, sia con il corpo, affinché venissi alla luce del tempo, sia col cuore, affinché nascessi alla luce dell’eternità."
Santa Monica è patrona delle madri cristiane, donne sposate, delle mogli che pregano per la conversione del coniuge o dei figli, delle persone vittime di abbandono familiare o difficoltà coniugali.
Sant'Agostino è uno dei quattro Padri della Chiesa con Sant'Ambrogio, San Girolamo e San Gregorio Magno.
Nacque a Tagaste come sua madre, in Numidia (Algeria) nel 354. Il padre riuscì a convertirsi al Cristianesimo solo verso la fine della sua vita nel 371. Monica sua madre, era una donna molto paziente per sopportare i ripetuti tradimenti del marito, misericordiosa. Nelle Confessioni il figlio la descrive come un angelo che aveva preso in mano la sua vita.
Della sua giovinezza Agostino scriveva: "Ancora non amavo e amavo amare... Amoroso d'amore, andavo in cerca di qualcosa da amare, e avevo in uggia una vita tranquilla e una via senza trappole...
Rivelò un temperamento sensibilissimo e appassionato prima e dopo la sua conversione. Cicerone accese in lui, attraverso le pagine dell'Hortensio, che secondo la scuola retorica serviva ad affilare lo stile, il desiderio per la sapienza e nella Bibbia cominciò a cercare quella cristiana. Cadde subito dopo nella trappola del Manicheismo, i cui metodi erano molto più seduttivi rispetto al dogmatismo cattolico. Il problema del male era risolto dai Manichei da un dualismo: il principio del bene e del male che coesistono in ogni creatura e con esso Agostino poteva zittire il rimorso delle sue colpe.
Nel Manicheismo Agostino restò invischiato nove anni, accorgendosi poi che la setta era incapace di rispondere a interrogativi inquietanti. Ma conobbe anche il Donatismo e il Pelagismo. In questa insoddisfazione si fece largo uno scetticismo accettando la teoria che l'uomo non può accedere alla completa verità. Nel 372 ebbe un figlio, Adeodato, dalla relazione con una donna di Cartagine.
Insegnò a Cartagine, dove trovò un ambiente movimentato e pericoloso, per cui partì per Roma e poi si spostò a Milano dove venne in contatto con il vescovo Ambrogio, di cui ascoltò le prediche e riuscì a liberarsi dei residui di Manicheismo che ancora erano in lui. Intanto, pur procedendo verso la conversione, restava la difficoltà di allontanarsi dal piacere carnale. Questo dibattito interiore prese ancora tempo.
Ascoltando le preghiere di sua madre, inviò in Africa la sua concubina, ma si unì a un' altra. Nel 386 si convertì al Cristianesimo grazie a una voce che gli ripeteva: "Prendi e leggi, prendi e leggi" che gli giungeva dall'esterno. Così aprì il libro e lesse il primo brano che gli capitava e che diceva che non era nei piaceri carnali ma in Cristo che bisognava convertirsi. Fu battezzato nel 387. Decise poi di far ritorno in Africa, e durante il viaggio la madre morì a Ostia. Nelle Confessioni ne descrive l'avvicinarsi della morte così:
"Così dicevo, sebbene in modo e parole diverse. Fu comunque, Signore, tu sai, il giorno in cui avvenne questa conversazione, e questo mondo con tutte le sue attrattive si svilì ai nostri occhi nel parlare, che mia madre disse: "Figlio mio, per quanto mi riguarda, questa vita ormai non ha più nessuna attrattiva per me. Cosa faccio ancora qui e perché sono qui, lo ignoro. Le mie speranze sulla terra sono ormai esaurite. Una sola cosa c’era, che mi faceva desiderare di rimanere quaggiù ancora per un poco: il vederti cristiano cattolico prima di morire. Il mio Dio mi ha soddisfatta ampiamente, poiché ti vedo addirittura disprezzare la felicità terrena per servire lui. Cosa faccio qui?" Entro cinque giorni o non molto più, si mise a letto febbricitante e nel corso della malattia un giorno cadde in deliquio e perdette la conoscenza per qualche tempo. Noi accorremmo, ma in breve riprese i sensi, ci guardò, mio fratello e me, che le stavamo accanto in piedi, e ci domandò, quasi cercando qualcosa: "Dov’ero?"; poi, vedendo il nostro afflitto stupore: "Seppellirete qui, soggiunse, vostra madre".
Morì a 56 anni a Ostia nella Chiesa di Sant'Aura, probabilmente basilica paleocristiana con una necropoli a fianco.
Tra le opere di Agostino troviamo scritti filosofici: De pulchro et apto, Contra Academicos, De beata vita, De ordine, i Soliloquia, De magistro, De musica; scritti dogmatici: Enchiridion, De Trinitate; scritti polemici: De moribus ecclesiae catholicae, De libro arbitrio, De genesi contra Manichaeos, De vera religione, De utilitate, De natura boni, Psalmos contra partem Donati, De baptismo Contra Donatistas, Contra Epistola Parmeniani, Contra litteras Petiliani, Contra Cresconium De peccatorum meritis, De dono perseverantiae; opera apologetica: "De civitate Dei"; l'Epistolario; opere esegetiche; opere autobiografiche: Confessiones, Retractationes.
Fu ordinato sacerdote a Ippona nel 391 e nel 395 divenne vescovo nella stessa città. Morì il 28 agosto 430 a Ippona.
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