L'arte della bugia

Dire bugie è un'arte che non tutti si possono permettere e coloro che non conoscono quest'arte, sono costretti a dire sempre la verità. In questi casi la loro defaillance si trasforma in virtù.

La mia prima bugia l'ho detta in terza elementare, quando l'insegnante mi chiese il nome di mio padre e io le risposi dicendole il nome del compagno di mia madre.

La maestra mi accusò di essere una bugiarda e ai miei occhi risultò la più grande traditrice di questo mondo.
Come avrei potuto dirle il nome di mio padre, che viveva lontano da me, se tutti i bambini della classe conoscevano, come mio padre, il compagno di mia madre? In questo caso mentii per vergogna. Oggi, la sindrome di Pinocchio assume proporzioni smisurate: si mente anche davanti all'evidenza.
L'arte consiste nell'essere convincenti e sicuri di sè, ovviamente ciò accade quando la motivazione per la quale mentiamo è alta. Si mente per invidia, per gelosia, per insoddisfazioni, per amore, per cattiveria, per ostentare, per negare l'evidenza, per costruirsi un'immagine diversa, per giocare con una doppia personalità.


Più la motivazione è forte, più siamo portati a mentire con disinvoltura, oserei dire che la bravura è proporzionale alla  motivazione
La letteratura è ricca di esempi: Penelope, con i proci, Rossella O'Hara in Via col vento, Edmond Dantes nel Conte di Montecristo, Madame Bovary, Anna Karenina, in tutti questi casi la posta in gioco è alta e di conseguenza la bugia è necessaria per sopravvivere.
Dante condanna i bugiardi all'Inferno mutilandoli di varie parti del corpo secondo la legge del contrappasso e i dannati prendono atto solo ora, in seguito alla mutilazione, del male effettuato.


Di solito chi mente non percepisce mai il pericolo a cui va incontro ma  è portato a vedere solo l'esigenza che lo spinge a mentire. Si mente soprattutto per emozioni secondarie come l'imbarazzo, il senso di colpa, la timidezza, la vergogna, l'orgoglio.
La bugia può essere un piccolo scherzo, un puro divertimento, o una necessità di mascherarsi o proteggersi, o simulare situazioni che si desiderano fortemente ma di cui mancano i presupposti, per difenderci da attacchi o semplicemente per crearci una personalità che non è la nostra e, quindi, per una mancanza di autostima.

Spesso, dietro ad atteggiamenti scanzonati e molto esuberanti, si nascondono personalità fragili e deboli che, per essere forti, hanno bisogno di crearsi una rete di protezione attraverso le bugie.

Il bugiardo ha una mimica strepitosa, non parla mai in prima persona ma al plurale, mantiene uno sguardo lontano evitando di incrociare quello dell'interlocutore, ha la mania di toccarsi i capelli, aggiustarsi gli abiti ed è sempre evasivo, non dà mai risposte nette, sempre approssimative. A vederlo come elabora le sue bugie è un divertimento ma in situazione di normalità, risulta essere debole e quasi poco credibile.

Se usassimo quest'arte, così radicata nel costume italiano, per affinare qualità' e tecniche ai fini di nobili cause, invece di abbandonarci in una palude di incertezze, forse impareremmo a vivere senza la maschera, che ci costringe, tra l'altro, a dare anche la parte peggiore di noi.
Ma sappiamo anche che, quanto più un sentimento è profondo e produce in noi malessere, tanto più abbiamo bisogno di mascherarci,  non ce la facciamo ad essere semplicemente quello che siamo, abbiamo bisogno di un alter ego. Nietzsche affermava proprio questo: "Ogni sentimento profondo ha bisogno di una maschera".
In tal modo, non si vuole giustificare la propensione a essere bugiardi o a definire gli Italiani un popolo profondo e quindi abilitarli alla bugia, ma semplicemente che, molte volte, l'arte si affina anche per questioni molto profonde che mai verranno alla luce, ma emettono segnali consistenti che denotano il male di vivere di ognuno di noi.

























































L'eterno ritorno

L'inizio del titolo della mia raccolta di liriche è costituito dalla parola "ritorno", un termine che mi porta a pensare di girare intorno a qualcosa. E non mi allontano, con la mia fantasia, dal significato della parola reale, se valuto che in latino "tornare" significa "lavorare al tornio" e poichè il tornio è un attrezzo che funziona girando, il verbo in latino significa "girare".
Il ritorno può essere inteso sia nello spazio che nel tempo ed è strettamente legato a un'altra parola molto amata dalla poesia, "nostalgia", che indica la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare.
La parola nostalgia, dal greco:" nostos", ritorno e "algos", dolore, rafforza quanto detto.
Il poema del ritorno è, per antonomasia, l'Odissea di Omero e anche in questo, giro intorno al mio eroe, Ulisse, che vive costantemente nella mia fantasia, l'ho appena lasciato in un incontro ravvicinato. Il filosofo Nietzsche tratta di un "Eterno ritorno,"secondo cui il presente è compreso nell'eterno circolo di passato e futuro. L'uomo che vive immensamente il suo presente , cioè inglobando in sè tutto il suo significato, lo desidera sempre più. L'uomo che può volere l'eterno ritorno è un uomo felice, a cui la vita dà attimi immensi.
"Ritornare", implica, a volte, anche un relazionarsi diverso, più maturo, più dolce, con ricordi che, deformandosi per il tempo trascorso, acquistano un valore più profondo, più sentito, caloroso e forse i miei prati sono stati recepiti con maggior affetto, oggi più che un tempo, quando rappresentavano solo il luogo dei miei giochi e delle mie corse. Il voler ritornare fortemente ai miei prati significa , allora, che ho vissuto intensamente quel periodo da rivolerlo ancora oggi.
Commenta...

Il pianeta mare

Il nostro pianeta, per la grande distesa d'acqua, che occupa i tre quarti del globo, dovrebbe chiamarsi" Mare", e invece abbiamo preferito chiamarlo Terra, perchè è su di essa che abitiamo, ma esso è per noi un bene prezioso.
Oltre ad essere fonte di vita , esso è anche motivo d'ispirazione per artisti e poeti, che ,nel corso dei secoli, hanno cercato di cantarne le bellezze, la vita e i misteri. Il mare è un luogo misterioso per gli insondabili abissi e, non a caso, per la sua immensa estensione e profondità, gli antichi gli diedero un dio: Poseidone per i Greci, Nettuno per i Romani.

A cominciare da Omero il mare è stato luogo di contesa, di battaglie e di migrazioni. Virgilio cantò le storie dei suoi eroi attraverso il mare e sono numerosi gli scrittori che hanno preferito scenari marini per i loro romanzi.
Mi vengono in mente i libri di Giulio Verne, i romanzi di Joseph Conrad o quelli di O'Brian, ma anche i racconti della scrittrice Anna Bartiromo, una profonda conoscitrice del mare grazie ai suoi numerosi viaggi attraverso gli oceani. E non poteva essere diversamente per un'autrice nata nella penisola sorrentina, amante del suo mare come se fosse una sirena, prima ancora che scrittrice.
Che dire del grande romanzo di E. Hemingway, "Il vecchio e il mare", letto e riletto per trovare la misteriosa ricetta della sua insindacabile bellezza.
E' un romanzo che affascina per la sua ricca poesia e semplicità in un rapporto uomo-natura, che da sempre, è un rapporto di vitale importanza.
Qui ci sarebbe una lunga parentesi per trattare dello scempio che il mare subisce da parte dell'uomo.
Ed è sempre in riva al mare che ammettiamo le nostre colpe nel trattare questo bene di primaria importanza con la superbia di un dio, noncuranti di litorali come pattumiere e acque ricche di scarichi. Il mare merita, da parte nostra ,una maggiore attenzione e benevolenza.

Il mare evoca anche paure per i suoi abissi profondi che l'uomo non può domare e per i segreti che il tempo non ci renderà mai.
Nei suoi fondali si nascondono verità celate e misteri mai risolti, rottami di navi e aerei inabbissatisi come giocattoli male adoperati, e che dire della sua flora e della sua fauna che ancora oggi non conosciamo a fondo. Numerosi sono anche i corpi di uomini che per imperizia o superficialità riposano sui crudeli fondali.

Nel mare ci sono infiniti elementi per trarne ispirazioni di tutti i tipi e gusti e uno scrittore ha solo l'imbarazzo della scelta di cosa scrivere, con un'unica caratteristica: la sua conoscenza profonda. Anch'io ho scritto storie di mare, informandomi attraverso una schiera di romanzi scritti da giganti, storie dettate dalla passione per un elemento che amo e che mi incute paura e rispetto al contempo.

Il mare rappresenta , in termini psicologici, una metafora perfetta del bene, per la sua profondità, insondabilità e sconfinata grandezza. Come il mare, il bene è qualcosa di grande e incommensurabile e ogni volta che ne parliamo , inconsciamente parliamo del bene. E' questo il motivo per il quale uno scrittore non può essere indifferente al pianeta mare.



Commenta...

L'amore può risolvere tutti i problemi?


Mi ha colpito molto la frase pronunciata dalla scrittrice inglese Julie Myerson, durante un'intervista, dove affermava:


"Pensavo che l'amore potesse risolvere tutti i problemi, invece l'amore
è solo un aspetto".

La scrittrice, che ha pubblicato un libro dove parla del figlio diventato un pericolo per la famiglia, in seguito alla sua dipendenza dalla droga, è stata criticata da tutta la stampa del suo paese per aver messo il ragazzo alla porta. Era sua intenzione aiutare il figlio in tutti i modi e con tutti i mezzi, ma a volte l'amore non basta a proteggere una persona, bisogna lasciarla alle sue esperienze e al suo libero arbitrio, aspettando che maturi e si assuma le responsabilità di un percorso formativo, anche quando questa persona è un figlio giovane e in difficoltà.

A volte le persone che più amiamo sono quelle che più ci fanno soffrire, e noi, vogliamo dare il massimo proprio perchè capiscano quanto ci teniamo a loro. A volte, però, sortiamo l'effetto contrario: più ci prodighiamo, più l'altro si appoggia a noi pensando che il nostro amore lo ponga al riparo da ogni cosa.

La scrittrice ha cacciato il figlio di casa, è stata lei a dover cedere a quell'amore per farlo crescere, se avesse continuato a tenersi il figlio stretto, questi non avrebbe preso in mano la sua vita. Ora si sentono tutti i giorni, il ragazzo ha chiuso con la droga e continua a usufruire dei privilegi di una madre scrittrice , a cominciare dal suo nome.


Amare non ci preserva da tutti i danni che possiamo arrecare, quando pensiamo che, per l'altro, valgano le nostre idee e i nostri punti di vista. L'amore vero, a volte, è fatto anche di rinunce, di abbandoni, di sofferenze, di silenzi, di abnegazione, di cambiamenti e di accettazione di un essere con una sua personalità che, per svilupparsi, ha bisogno di tempi e ritmi diversi dai nostri.




Commenta...

Quando il rivale è un libro


C'è un modo curioso per avviare alla lettura, che invita anche i più refrattari a prendere un libro in mano, quello cioè di essere mossi dalla voglia di conoscere le motivazioni che spingono l'altro a leggere. A tale proposito mi piace ricordare un episodio a cui ho assistito in Spagna, sulla costa Brava.

Alcune coppie prendevano il sole sulla spiaggia sabbiosa a perdita d'occhio. Le mogli erano immerse nei loro discorsi all'ombra, mentre i mariti erano attirati da uno stuolo di turiste a seno nudo dalla taglia extra large, con seni ovviamente rifatti e le mogli si chiedevano che cosa avessero in più da attirare gli sguardi dei loro mariti se tutte loro erano fornite di una regale quinta taglia.

Il disagio provato fu notevole e, mentre infuriavano liti a più non posso e l'irritazione saliva al massimo, mi colpì una delle mogli che ebbe un atteggiamento insolito: invece di infuriarsi si mostrava silenziosa e apparentemente tranquilla. Il giorno dopo , sotto l'ombrellone, leggeva:"La felicità sotto le lenzuola", e accanto altri titoli quali:"Il piacere di osare, Camaleontiche voglie, Le orge di Bacco, Meglio con la luna".

Posta sotto l'ombrellone, con il titolo in bella vista, attirò, dopo un bel po', l'interesse del marito, che cominciò a farle il terzo grado. Lei rispose che il contenuto glielo avrebbe spiegato solo a lettura ultimata. Curioso e impaziente di sapere, il marito rimase per due giorni sulla sdraio accanto a lei, il tempo necessario per portare a termine la lettura, perdendosi, in questo modo, lo spettacolo delle turiste.

Quando le vichinghe scomparvero dalla spiaggia, la moglie gli raccontò il contenuto del libro. Parlava di una nonna che aveva lasciato una bella eredità ai suoi nipoti, i quali, però, non riuscivano a trovare il documento e, solo dopo aver perso le speranze, scovarono la carta di cui avevano bisogno nella biancheria di un baule, sotto le lenzuola. Con la cifra che la nonna lasciò loro i ragazzi realizzarono il sogno di una vita.

Il marito incredulo volle leggere il libro, per assicurarsi che l'argomento fosse realmente quello. Lesse con grande interesse e notò che tutti i testi, pur avendo titoli caldi, avevano un contenuto innocente. Da allora, ogni estate, legge un bel po' di libri, memore di quel tour de force fatto in Spagna per colpa dell'avvenenza delle turiste e per la preoccupazione che la moglie affini realmente le sue arti femminili.

Se il vostro rivale fosse un libro, quale argomento dovrebbe contenere?

Commenta...

Letteratura per ragazzi

D'estate, quando i ragazzi sono più liberi , da più parti viene loro consigliato di leggere, sia per disciplinare le loro attività estive, sia anche per arricchire il loro bagaglio culturale, attraverso la lettura di testi diversi da quelli scolastici. La letteratura per ragazzi è sempre stata prolifica, in ogni tempo, ma non sempre ha ricevuto la dovuta attenzione, quasi fosse una letteratura di serie B. Un educatore dovrebbe essere a conoscenza di gran parte della letteratura per ragazzi per poterla indicare, se non conoscerla per intera. I testi per l'infanzia e l'adolescenza, devono contenere aspetti psicologici, sociologici, umanistici, storici, per potersi definire educativi.
Ci sono testi morali, fantasiosi, avventurosi, scientifici, di grande interesse che, con la loro lettura, i piccoli svolgono un percorso interiore attraverso il quale assimilano nuovi atteggiamenti e si educano a quei sentimenti che non ci vengono spiegati nella realtà, come ad esempio l'educazione all'affettività.
Un testo deve essere adatto al piccolo, proprio come un abito. Bisogna poi rispettare l'indole del ragazzo, le sue conoscenze, i suoi interessi, la sua costanza nel portare a termine la lettura. Per invogliare i ragazzi è bene dare loro indicazioni sin dai primi anni, appena cominciano a leggere, fornendoli di testi colorati, con carta liscia o ruvida, grandi o piccoli, spessi o sottili, perché la lettura passa anche attraverso i sensi, ricchi di immagini per invogliarli a fantasticare, a reagire e a interagire con un testo. Un'ottima idea è quella di recarsi in una libreria e passarci un po' di tempo per visionare i testi più belli, sfogliarli e rendersi conto di quello che vogliono insegnare.
Ci sono testi che nemmeno gli adulti conoscono poiché non hanno fatto parte del proprio bagaglio culturale ma come non poter consigliare libri quali: Il richiamo della foresta, Il piccolo principe,
Pinocchio, I tre moschettieri, David Copperfield, tutti i romanzi di Giulio Verne, i libri di Emilio Salgari, Il diario di Anna Frank, Ragazzo negro, La fiabe italiane di Calvino, Il treno del sole, Pippi Calzelunghe, I racconti di Sebastopoli, solo per menzionarne alcuni tra i più conosciuti.
Ma la schiera potrebbe aumentare all'infinito. Numerosi sono stati gli scrittori vicini ai ragazzi per sensibilità e interesse. Molti romanzi scritti per adulti, possono, tranquillamente, essere letti anche dai ragazzi, poiché contengono argomenti adatti a loro.
Allo stesso modo, molti libri per ragazzi possono essere letti volentieri anche dagli adulti, come Il giro del mondo in 80 giorni, chi tra noi non lo ha letto? Io almeno tre volte. Ci sono le storie di Marcovaldo di Calvino per esempio, molto educative che vanno bene per ogni tipo di pubblico e leggerle è un vero spasso. Ci sono poi le favole di Fedro, quelle di La Fontaine adatte ai piccoli, le fiabe per tutti i gusti. È importante, dopo la lettura di un testo, spiegarne il valore, solo così un bambino si avvicina al libro, quando riesce a penetrare nel suo contenuto e a carpirne il significato.
È molto importante che un adulto insegni ai ragazzi la continuità nell'attività intrapresa e una volta iniziata la lettura di un testo, bisogna portarla a termine. All'inizio è dura, lo so per esperienza, poi il bambino si educa e il compito non è più così gravoso come all'inizio. Una tecnica di interazione tra adulti e piccoli è quella di leggere anche noi i loro libri, così da scambiarci le opinioni. Ci sono diversi giochi da provare per incitare all'interessamento e in questo i genitori hanno una funzione notevole, di primaria importanza. D'altra parte, un bambino che legge sarà un adulto attratto dalla lettura.
In queste giornate di mare e di sole, non dovremmo lasciare i nostri ragazzi troppo tempo a gestirsi da soli, pensando che siano in grado di farlo e conoscano i tempi da dedicare alle loro attività, ma dovremmo coinvolgerli anche in discorsi letterari sotto l'ombrellone. È un ottimo metodo anche per relazionare e impedire che passino gran parte del loro tempo "perdendolo".È questo un tempo prezioso, durante il quale si può apprendere diversamente, ma forse, in modo più proficuo e duraturo.La mente dei ragazzi è plastica e si adatta a qualsiasi attività, anche nuova.
Qual è, secondo voi, il libro per ragazzi che ha segnato la vostra adolescenza?

Il compagno delle orchidee




Sono veramente felice di aver incontrato, solo da poco tempo, alcuni amici di scuola, della mia infanzia e della mia adolescenza. Li ricordo tutti con grande affetto, hanno condiviso con me molti momenti anche importanti della mia vita. Ricordo i nostri giochi giù al cortile di casa, sotto gli alberi di limoni, o nel viale accanto al palazzo a giocare con la palla. Ricordo la nostra scuola di fronte casa nostra, ricordo ancora i compiti fatti insieme, le nostre giornate scolastiche e le nostre risate.

Fa uno strano effetto incontrarsi da adulti :ci si lascia bambini e ci si ritrova grandi, uomini e donne, faccia a faccia con la vita. Dopo tanti anni, è come un tuffo nel passato a riprendere i momenti vissuti, quando la nostra vita aveva solo in germe quello che siamo adesso.

Mi ha colpito la dolcezza di un compagno di scuola che è venuto a farmi visita con delle orchidee, bellissime tra l'altro, emozionato e timoroso, quasi spaventato dalla persona che si trovava davanti.

Ho incontrato un uomo che del bambino d'allora aveva solo lo sguardo. Abbiamo parlato per ore, saltando la cena e coinvolgendo la famiglia nei nostri discorsi. Abbiamo parlato dei nostri sogni di allora, di quelli odierni, della nostra vita, degli obiettivi raggiunti, delle nostre delusioni e delle nostre illusioni.

E' stato un confrontarci su ogni cosa, quasi a voler mettere la nostra vita a confronto per cercare similitudini e divergenze.

Il mio compagno di orchidee è stato un ragazzo che si è costruito da solo, con grande senso di responsabilità e voglia di farcela. Mi ha colpito, più di ogni altra cosa, il suo entusiasmo per la vita, lo stesso di allora, la sua giovialità e la positività nel vedere le cose, appena velate da sprazzi di malinconia.

Fa bene incontrare amici di un tempo, è come percorrere la vita insieme e non sentirsi mai soli, perchè ci sono gli altri a testimoniare il nostro passato, a conoscere le nostre ferite, a darci forza, a fare in modo che si facciano ancora progetti, e stare ancora insieme equivale a dire, che tutto sommato, quei bambini hanno perseguito intenti non proprio dissimili tra loro.

Commenta...

Quando il papà diventa mamma

Oggi, da indagini svolte, da sentenze che sempre più spesso vengono lette nei tribunali, ma anche da quanto si vede in giro, i papà vivono tempi duri. Una volta , quando una coppia si separava, i figli venivano affidati alla madre,una figura difficilmente sostituibile.
I cambi generazionali, l'emancipazione femminile rapida e costante hanno trasformato il rapporto all'interno della coppia, ma prima ancora tra uomini e donne, che hanno raggiunto la fatidica parità. Una parità che necessita ancora di qualche revisione e che ha portato a un cambiamento radicale nella società e soprattutto all'interno della famiglia.
Nel mio caso, il motivo, per il quale sono stata lontana da mio padre per 35 anni , è dipeso dal fatto di essere stata affidata a mia madre, la quale, in modo possessivo e drastico, impediva a mio padre di vedermi. In questo caso i figli diventano oggetto di contesa tra i due coniugi e la situazione, già precaria, si inasprisce ancora di più. Molto spesso, chi lascia la famiglia, oggi è la donna, memore delle offese ricevute nei secoli, si lascia andare a una vita nuova, che abbia meno responsabilità, lasciando il compagno in uno stato confusionale, quasi a volergli creare, di proposito, problemi che nel tempo sono stati prettamente femminili.

Si incontrano padri soli un po' dovunque: in città, in spiaggia, in località turistiche, alle prese con i propri pargoli, informati sugli orari delle pappe, del bagnetto, delle medicine e delle asme, capaci di notti insonni e lunghe sedute di compiti.

Padri in solitudine che, consapevoli di non dover perdere un momento così importante della loro vita, si sobbarcano di mille imprese. A volte, le storie arrivano a delle svolte eclatanti senza preavviso, ma piuttosto come qualcosa piombato dal cielo. In questi casi, bisogna trovare subito un nuovo equilibrio per assicurare una continuità affettiva e materiale ai piccoli.

Un nido, che fino a ieri sembrava solido, è come se venisse attaccato da un avvoltoio, lasciando lo scempio sotto gli occhi di tutti e lo sgomento perchè le cose non ritorneranno mai più come prima.
E' molto tenero vedere un papà preoccupato o anche ai fornelli o che accompagna i propri figli.I papà accettano anche la solitudine in cui si immergono, per essere all'altezza di un ruolo non sempre facile. In ogni tipo di progresso si acquistano delle cose ma se ne perdono delle altre.
L'uomo paterno oggi fa tendenza! Un uomo dedito ai figli ispira sicurezza, senso di responsabilità, affettuosità, capacità di gestione familiare e tranquillità interiore.

Tutto questo lo si acquista solo dopo aver pagato personalmente le pene di un rapporto andato in frantumi. La coppia non è solo amore a prima vista, ma è progettualità, comunione d'intenti, dove i figli sono parte di questo progetto e vanno rispettati perchè nascono da due persone e non hanno chiesto loro di venire al mondo.

Commenta...

Ulisse

Sarà la scomparsa di Bekim Fehmiu, l'attore che interpretò il personaggio di Ulisse, nel 1974, che, da un po' di tempo, l'eroe non lascia più libera la mia mente. Ulisse, il protagonista della più grande storia in assoluto che sia mai stata scritta, l'Odissea, opera di un uomo tanto geniale quale Omero, fa parte del nostro immaginario, come se parlassimo di un parente lontano che ogni tanto riaffiora alla memoria.
Nella mia mente è una presenza costante, dove mi pongo come spettatrice nel rievocare gli episodi del poema di cui è protagonista. Questa volta ho deciso d'incontrarlo a quattr'occhi, stufa di non avere una particina nel suo bellissimo e avventuroso viaggio.

Mi riservo d'incontrarlo a mare, per rendere reale questa possibilità, a bordo della mia barca senza pretese (ricordate?), mentre leggo, ovviamente qualcosa di avventuroso. Scorgo da lontano il bestione, la sua mastodontica nave a remi, in un incontro ravvicinato col passato. Come per magia, la nave si dirige proprio verso la mia piccola imbarcazione, come se l'eroe avesse letto le mie intenzioni o forse colpito da una specie di zattera,quale la mia, che si pone sulla sua rotta.

Si affianca a me e mi guarda dall'alto della sua fama come sono raccolta nel mio piccolo guscio.
Osservo, tra il serio e faceto, il mio interlocutore, ma poi, subito diffidente, pensando che possa essere un millantatore, esigo che mi faccia vedere la famosa cicatrice grazie alla quale fu riconosciuto dalla sua nutrice. E' lui e non svengo, forte delle domande e delle curiosità che mi riservo di chiedergli. L'accolgo con una dolcezza infinita, è l'uomo dei miei sogni, ma giusto due minuti dopo sono presa da mille dubbi e perplessità e subito gli formulo una scarica di domande alle quali stenta a rispondere.

Tutto questo, se mi andasse bene, visto che non sono una ninfa, una dea, tantomeno una regina, una musa e nemmeno una sirena. Dovrebbe andargli bene il prototipo di noi donne moderne, per potersi avvicinare alla mia barchetta. E se fossi fortunata, vale a dire se fossi il suo tipo, allora potrei sperare di avere una bella conversazione, un tantino burrascosa, visto che conosco la sua storia e vorrei chiedergli un po' di cose che non ho accettato ben volentieri.

Ebbene, subito vorrei sapere con quale coraggio abbia potuto abbandonare la povera Penelope, da sola ad affrontare i proci, che, dopo il ritorno del marito a casa, penso non abbia mai più preso una tela in mano, tanto era stufa di tessere e sfilare durante la sua attesa. E il povero Telemaco? Come poteva venire su forte e coraggioso come il padre, se doveva continuamente confrontarsi con un uomo dalle doti eccezionali ? E' tragico misurarsi con un padre, che già si sa di non poter eguagliare!

La mia veemenza raggiungerebbe la soglia più alta quando gli parlerei di Didone dell'altro suo amico, Enea.Chissà se tra eroi ci si comprende  o ci si ignora. Due amori contrastati: l'uno quello di Enea per Didone, sebbene "pio", porta alla morte della regina, l'altro, quello di Ulisse, pur facendo il Don Giovanni antelitteram, torna dalla sua Penelope Si può abbandonare una regina, facendola morire di dolore e apprendere della sua morte nell'oltretomba, dopo aver vissuto con lei una delle più grandi storie d'amore, da cui sono nate tutte le altre? Ma non potrebbe rispondermi, eroi agli antipodi: l'uno in balìa di Poseidone, l'altro del fato. Enea ha un dovere da compiere sui lidi laziali,Ulisse tornare a Itaca. Per non parlare di Circe, Nausica, i compagni e tutti gli altri personaggi del suo lungo viaggio. Ulisse, dopo aver ascoltato le mie rimostranze, mi sorride, non sa rispondere alle mie sciocche domanducce di poco conto, visto che la storia ha fatto già il suo corso. A quel punto sono bell' e fritta. Come si fa a trattare male l'unico eroe della mia vita? E quando mi chiede di accompagnarlo oltre le Colonne d'Ercole, non credo alle mie orecchie, ma accetto a una condizione: che non mi faccia fare la fine di Didone...E dopo averlo aspettato tanto, adesso che mi è accanto, non deve deludermi. D'altra parte lo porterei oltre le Colonne d'Ercole e dovrebbe ringraziarmi per fargli andare il viaggio a buon fine, rispetto a quello precedente nel poema, in cui fallì.


Fiori di campo


Com'è bello di questi tempi andare per i campi a raccogliere fiori sparsi, ce ne sono di tutti i tipi e di tutte le forme, dai colori più disparati e dal profumo più inebriante: anemoni, ranuncoli, margherite di diversi colori e vellutati papaveri che ondeggiano in mezzo ai prati, dritti come sagome stampate o ondeggianti al più leggero alito di vento. In tanta bellezza cala un concerto naturale di api ronzanti, uno sciame al lavoro sulle invitanti corolle traboccanti di polline.

Le api sono la certezza di trovarci in luoghi incontaminati e dovremmo privarci un po' del nostro egoismo per non perdere i prati che sono il regno di questi insetti miracolosi. Creare spazi verdi e far in modo di non perdere quelli che già abbiamo, dovrebbe essere un dovere più che un consiglio. Il verde dalle nostre parti, e intendo l'Italia, è a discrezione di ciascun abitante, che in base al suo gusto estetico, alla sua creatività e sensibilità organizza un piccolo vivaio all'aperto come cornice della propria casa.

Altrove, visitando qua e là, ho notato una cultura radicata del verde e dei fiori di cui non abbiamo la più pallida idea.Ho avuto modo di apprezzare, in piccoli viottoli ventilatissimi della Cornovaglia, ciotole pendenti dai balconi e dai lampioni di mille colori, vividi e freschi come appena piantati. E che dire delle aiuole francesi in Provenza ,piccoli appezzamenti ben curati che emanavano un profumo insistente di lavanda e fiori di ogni sorta.

In Germania e Austria ho trovato prati curati fino all'esagerazione e vegetazione di un verde bottiglia in ogni stagione. Sicuramente non è colpa del clima se le nostre margherite ingialliscono e i nostri ciclamini fanno le bizze, i roseti vengono mangiati dai pidocchi e i gerani avvizziscono. Un prato ben curato e fiori sgargianti mettono a dura prova la nostra pazienza. Sul mio terrazzo i gerani crescono secondo il mio trattamento: ben irrorati diventano splendidi, se ometto il concime perdono il colore, se non li poto diventano cespugli.
Un giardino va curato come i bambini, esso risente delle nostre attenzioni e del nostro umore e come per ogni cosa c'è bisogno d'amore. Ogni giorno dobbiamo profondere un po' delle nostre energie per il verde e i fiori che tanta bellezza apportano ai nostri occhi ma anche tanta energia. Ricordando i prati della mia infanzia, mi adopero affinchè il mio spazio verde sia sempre vivo.

Siamo tutti dei Narcisi.

Si è constatato, da più parti, che oggi c'è la tendenza a scrivere romanzi autobiografici, a raccontarsi in forti confessioni che sembrano piuttosto sedute psicoanalitiche dove si assolve sia alla funzione di medico che di paziente. Si dice che siano state incrementate anche dai blog, dai social network e dai reality che dilagano.

Qualcuno dubita anche che le storie che passano per essere vere lo siano veramente, ma questo ci immette in un discorso diverso che mi preserverò di trattare. In passato, il genere autobiografico era considerato puro narcisismo, oggi rappresenta un segno del nostro tempo. Uno scrittore che si accinge a trattare una storia vera, fa uno sforzo notevole mettendosi in discussione, elaborando un vissuto che non sempre è facile buttare fuori, ma che, evidentemente, ha la necessita di fare per rispondere a un bisogno interiore. Egli dimostra, man mano che procede nella sua storia, che l' interlocutore principale a cui si riferisce è proprio lui.

Nel raccontarsi c'è una buona parte di narcisismo unito a una creatività sorprendente.

Il mito di Narciso ci pone davanti a un dilemma: specchiandosi nella fonte, Narciso si sottrae agli altri per chiudersi in se stesso o, forse, si riconosce per la prima volta?

Se leggiamo il mito in chiave freudiana, dobbiamo ammettere che raccontarsi può essere un limite per non confrontarsi con gli altri, tanto che il giovane, attratto dalla sua immagine nell'acqua, se ne innamora e non riesce più a staccarsene, fino a cadervi dentro e morire.
Questa può essere una spiegazione plausibile ma non esaustiva.

Mi piace anche l'interpretazione che Jung dà a questo mito, cioè quella di cercare un modo per sopravvivere al distacco della propria immagine, evolvere e acquistare una coscienza maggiore di quello che si è.

Il troppo raccontarsi, oggi, dimostra una difficoltà a riconoscersi, a collocarsi o anche a rapportarsi agli altri e paradossalmente, la nostra conoscenza più interiore, avviene proprio attraverso la relazione con gli altri. Molto probabilmente, per arrivare, come Narciso, a innamorarci della nostra immagine, anche l'altro ha rinunciato alla possibilità di relazionarsi con noi o lo ha fatto in modo disinteressato così da lasciarci soli. Allora l'altro bisogna cercarselo dentro, scavare nel proprio animo tirando fuori i contenuti più profondi e sondare anche quello che non si potrebbe.

Non vedo tanto un narcisismo in giro, quanto piuttosto un disagio interiore che emerge da più parti e che è segno di una società un po' confusa, incapace di legare le sue trame. Conosciamo noi stessi relazionandoci agli altri, ma sono proprio queste relazioni vere e autentiche che oggi mancano. Prediligiamo l'immagine, proprio come Narciso, non vogliamo impegnarci fino in fondo a conoscere l'altro, perchè così, si dice da più parti, soffriamo meno. Quello che realmente manca è l'ascolto, quello che ci pone davanti all'altro senza pregiudizi, intendendo l'altro un altro me stesso e tutto questo in un mondo virtuale che ci mostra un surrogato per ogni cosa, ma che ci fa perdere il contatto reale. La cosa più difficile a questo mondo è proprio quella di conoscersi profondamente.

Sant'Agostino diceva "Conosci te stesso", tutto il resto viene dopo e noi impieghiamo una vita intera per farlo.

Un po' d'ombra.

Stamattina, appena sveglia, con il caffè ancora tra le mani, ho sentito le previsioni del meteo. Il colonnello, con molta flemma, annunciava quattro giorni di afa. Subito, il mio istinto di sopravvivenza, mi ha fatto trovare refrigerio vedendomi all'ombra di un grande albero che mi tenesse al riparo dalla calura. E' stato più forte di me, complice la mia eccessiva fantasia e creatività, pensare a Titiro disteso sotto l'ombra dell'ampio faggio, ovvero il primo verso delle Bucoliche di Virgilio, autore latino (70a.C.-19d.C.): "Tityre,tu patulae recubans sub tegmine fagi".

Ombra è sinonimo di frescura, di riparo, semioscurità, ma anche apparizione, evanescenza, inconsistenza, qualcosa di indistinto e poco chiaro.

Mi tornano alla mente diversi titoli di romanzi aventi la parola "Ombra": "Malombra" di Fogazzaro, "L'ombra sulla luna"", D'amore e ombra", "L'ombra dello scorpione", "Linea d'ombra" di Joseph Conrad.

La stessa parola mi affascina terribilmente in quanto indica qualcosa da scoprire, di incerto, di non rivelato, nascosto e tutto ciò che non è palese, ci fa riflettere, mette in moto il nostro pensiero più profondo, la nostra fantasia, la nostra curiosità.

"Linea d'ombra", per esempio, fu scritto da J. Conrad nel 1917, fu il suo ultimo romanzo ed è stato per me una vera scoperta. Esso ci immette in uno scenario costituito dai mari tropicali e luoghi esotici dove si sviluppa la trama che, nel significato dell'opera, vengono interpretati come il luogo dell'anima.
L'anima, altro temine che ci affascina, non sempre è leggibile per la varietà di chiaroscuri di cui è formata. Essa ci sfugge, presenta tante facce che, a volte, è difficile allo stesso detentore riconoscersi in essa. Accade qualcosa del genere ad Angelo Moscarda, il protagonista di "Uno, nessuno e centomila", romanzo di Pirandello che scopre di avere un naso adunco, con sua grande meraviglia, avanti negli anni, e cerca conforto nella moglie che lo getta ancor di più nella disperazione quando gli rivela che quel naso lo ha sempre avuto.

Ho scoperto, attraverso la lettura, che un titolo di libro contenente la parola ombra, evoca sempre qualcosa di oscuro, che va scoperto, rivelato, conosciuto e incita il lettore ad acquistare con maggiore facilità.

Di solito si ha paura delle ombre quando esprimono situazioni non chiare, taciute, poco conosciute, ma è anche vero che si ha paura di quello che non vogliamo avvicinare, o che non conosciamo, ma esse servono per creare quelle sfumature indispensabili per mettere a fuoco le cose.

Senza le ombre non capiremmo le luci.

In arte, il chiaroscuro è una tecnica che serve a creare le giuste contrapposizioni, a dare definizioni a prospettive e forme, a delineare contorni e rinforzare espressioni marcate. In pittura, la prima cosa che si effettua sulla tela pulita é la discriminazione delle ombre, perchè una volta cominciato il dipinto, quando tutto è ben definito le ombre non si possono più evidenziare e spesso si deve pasticciare tutto lo spazio per passare solo in un secondo momento ai colori per far emergere i contorni degli elementi presi in considerazione.

Il Terra di Siena e Terra d'ombra sono i due colori che vanno a ruba per dipingere le ombre e scompaiono dalla tavolozza rispetto a un rosso vermiglione o un giallo cadmio. Nota importante è che un'ombra, in pittura, non la si rende mai col colore nero, ma assume sempre diverse sfumature, in base ai contrasti degli altri colori del contesto in cui deve svilupparsi. Essa, quindi , assume un'importanza di rilievo, poichè sussiste in quanto c'è l'altra faccia costituita dalla luce e quest'ultima, per emergere e spiccare sulla tela, deve avere sua compagna l'ombra.

Mi piace ricordare , a questo proposito, una frase che pronuncia la protagonista Jane Eyre, nell'omonimo romanzo di Charlotte Bronte,"Le ombre non sono meno importanti della luce".

Commenta...

Di che vacanza sei?

Aspettiamo le fatidiche vacanze tutto l'anno, che poi si riducono a una manciata di giorni, fatti i conti con l'adattamento del luogo dove ci troviamo, le condizioni atmosferiche e i disagi vari, prima di poter usufruire di quanto abbiamo organizzato.

Per vacanza, dal latino" vacans vacantis", s'intende "essere liberi",quello che non si capisce bene da che cosa. Sicuramente dalla solita routine e dai frenetici ritmi quotidiani dell'anno lavorativo. Liberi anche dai ritmi serrati che mantengono la nostra mente continuamente occupata e non le permettono di avere quell' autonomia di spaziare liberamente, senza schemi prefissati .
Spesso, esportiamo gli stessi stili e ritmi sostenuti in città anche in vacanza, perchè non riusciamo a scrollarci di dosso il ruolo che svolgiamo.
Ed ecco che, sotto l'ombrellone, origliamo i discorsi dei nostri vicini che discutono di lavoro, di capo, di cambiamenti e quant'altro.

La vacanza a mare, in montagna, al lago,o anche nelle isole sperdute degli oceani, deve rispondere a determinate caratteristiche per chiamarsi tale, altrimenti diventa un ulteriore stress.
La vacanza dev'essere a misura d'uomo, rispettare l'età, i sessi, le motivazioni, le aspettative e l'indole di ciascuno.Non si potrà mai portare all'avventura un tipo che per carattere è tranquillo e metodico, o cominciare un corso full immersion di attività sportiva per chi è restio a qualsiasi movimento.

Conosco persone che durante le vacanze intraprendono le attività più strane e difficili da sostenere, come fare una dieta, sostare per ore sugli scogli per abbronzarsi, benchè la pelle non ne voglia sapere di abbrustolirsi. Ci sono quelli che pretendono di mettere massa muscolare in 15 giorni quando il loro tono è decisamente scarso.

Una signora, qualche anno fa, pretendeva di finire una coperta all'uncinetto sotto l'ombrellone, col risultato di continui svenimenti visto che restava in spiaggia tutta la giornata, era soprannominata "la vedetta solare"perchè si alzava dalla sdraio al calar del sole.
Un mio amico voleva imparare in pochi giorni a fare il sub tenendo impegnato un gran numero di persone con risultati deludenti.

La vacanza deve svolgersi all'insegna del benessere fisico, del buonumore, del rilassamento mentale e del gioco.
Gli adulti, come i piccoli, necessitano di svago e il gioco concilia la nostra forma mentale migliore.
Gli adulti , come i bambini, hanno bisogno di giocare.Vacanza non vuol dire , però, nemmeno eccessi di libertà, come lasciarsi in ammollo in acqua per ore ricordandosi che durante l'inverno quel mare ci mancherà, o prendere il sole come lucertole perchè abbiamo i reumatismi, o lanciarci in abbuffate luculliane ,tanto siamo con gli amici."In medio stat virtus", ovvero la moderazione è la maggiore di tutte le virtù.

La mia vacanza ideale? Non poteva essere che poetica: una barchetta senza pretese in una baia dal mare verde smeraldo della penisola sorrentina, con intorno il tipico paesaggio, in mano un libro, all'ombra con occhiali e cappello a larghe tese. Di tanto in tanto uno spuntino, un bagno, un po' di sole... Dimenticavo l'irresistibile cantilena delle cicale, il suono delle onde che si rincorrono, in lontananza i motori degli scafi di passaggio e i gabbiani che planano sugli scogli... Che vacanza!

E voi, di che vacanza siete? Scegliete una delle seguenti opzioni e spiegatene il motivo!

1. RILASSANTE

2. DIVERTENTE

3. ISTRUTTIVA

4. AVVENTUROSA


Commenta...
Per aggiungere "Il mio sole" ai tuoi Blog e Siti Preferiti del web clicca questo rigo!

Benvenuti nel Blog dell'artista Filomena Baratto.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

Filomena Baratto è presente anche sul sito artistico Dimensione Arte.

Cerca nel blog